BASILICA DI SANTO STEFANO

Ritornati presso l'ingresso di S. Giovanni, ci dirigiamo verso la basilica di S. Stefano, dove termina il percorso di visita. L'edificio ha l'abside ad ovest e l'ingresso ad est, idealmente rivolto verso il centro dell'intero complesso: la tomba di S. Felice. La chiesa fu costruita con blocchetti di tufo anteriormente all'inondazione degli inizi del VI secolo, dal momento che, come hanno appurato le ricerche archeologiche, il fango alluvionale si addossò all'abside ed entrò all'interno attraverso le arcate laterali. A seguito dell'evento, la chiesa venne ristrutturata ed accolse anche delle sepolture. Nuovi restauri furono eseguiti tra XII e XIII, quando l'abside e la parete destra della chiesa vennero parzialmente ricostruite.

Dal 1551 la basilica risulta dedicata a S. Stefano e al Crocifisso, secondo un uso documentato sino al 1630, allorché, in rapporto alla presenza di un'immagine lignea sull'altare, l'edificio era meglio noto come chiesa dell'Incoronata; la devozione mariana sostituì gradualmente quella per S. Stefano e il Crocifisso. Alla fine del XVII secolo l'edificio, interessato da due crolli, venne ristrutturato dal preposito Guadagni. La basilica subì due radicali restauri intorno alla metà del Settecento e nel secolo successivo, dopo che (intorno al 1824)

nella chiesa si stabilì la confraternita del SS. Crocifisso che fino ad allora aveva avuto sede in S. Tommaso. Nel 1927 la basilica, al termine di un'ennesima ristrutturazione, fu consacrata a Maria SS. del Carmelo. La confraternita del SS. Crocifisso ebbe sede nella basilica sino al 1963, quando iniziarono gli scavi e i restauri che, tra l'altro, determinarono l'abbassamento del calpestio fino a raggiungere l'attuale livello.

Cominciamo la descrizione della basilica dall'area antistante, dove si notano i ruderi di sette pilastri appartenuti ad un porticato che collegava l'edificio di culto alla basilica nova. Nella facciata della chiesa si aprono tre porte: quella centrale, più ampia, è sormontata da un dipinto degli anni Venti del XX secolo raffigurante la Madonna del Carmelo.

L'interno, a navata unica, è caratterizzato dal tetto a capriate. Nelle pareti laterali, in prossimità dell'abside, si notano due ampie arcate in mattoni (originariamente impostate su colonne con base) che immettevano in altrettanti ambienti laterali. L'arcata di sinistra è stata parzialmente aperta nel 1963- 1967, mentre l'altra è tuttora tamponata.

Lungo la parete destra della chiesa è stata sistemata una colonna proveniente dal porticato della villa rustica individuata in via Morelli.

I muri visibili al centro della navata rappresentano, con ogni probabilità, una partizione degli spazi funerari realizzata in occasione dell'innalzamento del calpestio che seguì l'alluvione degli inizi del VI secolo. Nella zona antistante l'abside si trovano i ruderi dell'altare ristrutturato o costruito alla fine del Seicento e rinnovato nella seconda metà del secolo successivo.

Superato l'altare possiamo ammirare le due splendide colonne scanalate con capitelli corinzi (II secolo d.C.) reimpiegate nell'arco trionfale paleocristiano. Nella parte inferiore dell'abside, occupata da tombe in muratura, sono visibili due affreschi sovrapposti che furono parzialmente distrutti nell'Ottocento quando il pavimento della basilica venne soprelevato. Lo strato più recente è individuato dalle porzioni inferiori di tre pannelli con figure di santi. Considerato che superiormente le figure si sviluppavano ben oltre il davanzale delle finestre, è evidente che l'affresco fu eseguito dopo la tamponatura delle aperture; molto probabilmente ciò avvenne tra XII e XIII secolo.

Gli affreschi più antichi, assegnabili alla ristrutturazione seguita all'alluvione degli inizi del VI secolo, presentano quindici pannelli quadrangolari delimitati da cornici rosse e campiti da ornati che imitano l'opus sectile.

All'esterno l'abside è decorata da una fascia di laterizi disposti a zig-zag, secondo un motivo che a Cimitile ricorre anche nella cappella Sancta Sanctorum e nel campanile della basilica di S. Felice (XII-XIII secolo).

Testo del prof. Carlo Ebanista