BASILICA DI SANTA MARIA DEGLI ANGELI

Uscendo dalla basilica di S. Felice, attraverso la porta di fronte a quella per la quale siamo entrati, sulla sinistra si trova una scala che conduce ad un ambiente coperto da una volta a crociera, nel quale sono conservate due colonne e l'epigrafe del diacono Reparato († 553).

L'edificio è l'unica parte conservata (dopo le demolizioni del 1934) della cappella di S. Maria degli Angeli, nota anche come cappella dei Morti, perché nei primi decenni del XIX secolo venne destinata alla sepoltura dei membri della confraternita dell'Addolorata.

Un arco a tutto sesto, chiuso da una recinzione metallica, consente l'accesso all'ambiente. Sulla parete sinistra è affrescata la Vergine con il Bambino tra due angeli.

Il dipinto è inquadrato da una cornice bianca contornata da linee rosse e gialle; sul lato destro della fascia bianca, in alto a destra, si legge la data 1344 (o 1384). Tracce dell'iscrizione si trovano anche sul lato sinistro della cornice, ove nella parte bassa è raffigurata in scala molto ridotta una Crocifissione.

La Madonna, incorniciata dall'aureola graffita sollevata dal piano dell'affresco, ha una postura rigida e le braccia sproporzionate; dalle ampie pieghe del manto rosso fuoriescono le piccole mani con le quali regge il Bambino. Quest'ultimo, caratterizzato da un'analoga aureola graffita, indossa una veste gialla; con la mano destra benedice e con l'altra regge un codice aperto. Ai lati della Vergine sono raffigurati due angeli oranti.

In origine l'ingresso alla cappella avveniva dalla parete di fronte all'arco da cui si entra attualmente. Sulla porta (ora murata), visibile sull'altro lato dell'edificio, è collocata un'epigrafe marmorea del 1758, che ricorda Francesco Papa sepolto nella cappella il 18 marzo di quell’anno. Papa, che apparteneva ad una delle più influenti casate cimitilesi, aveva fatto restaurare la cappella, nella quale sin dal secolo precedente erano stati sepolti i membri della famiglia materna (tra cui il preposito Gaetano de Gaetano).

Testo del prof. Carlo Ebanista