CHIESA DELL' ADDOLORATA

(già Chiesa dei Morti e di Sant'Eligio)
Sede dell'Arciconfraternita di Maria SS. Addolorata e Sant'Anna

La chiesa dei Morti che è citata per la prima volta nel 1551, allorché era dedicata a S. Eligio vescovo. La costruzione dell’edificio era avvenuta dopo il 1324, dal momento che non è menzionato nell’inquisizione effettuata in quell’anno dal collettore delle decime spettanti alla Santa Sede. Il culto del santo dalla Francia si era diffuso in Italia e particolarmente a Napoli, dove intorno al 1270 fu eretta la chiesa di S. Eligio al Mercato. La circostanza che a Cimitile nella tela di capoaltare il santo è raffigurato in abiti vescovili, ma con la stola decorata da chiodi e ferri di cavallo, attesta che S. Eligio era onorato come patrono dei maniscalchi. La cappella non a caso sorgeva lungo la ‘strada regia’ per le Puglie (attuale corso Umberto I) che nel medioevo si era sovrapposta ad un decumano della centuriazione romana ed era definita via antiqua; grazie a questa ‘via santa’, che conduceva a Montevergine e al Gargano, il santuario di S. Felice fu meta di pellegrinaggi per tutto il medioevo. Ed è proprio lungo quest’importante asse viario che, tra i secoli terminali del medioevo e la prima età moderna, si concentrò l’abitato di Cimitile e furono costruiti il convento di S. Francesco di Paola (attuale villa Lenzi), le chiese di S. Eligio e S. Maria degli Angeli, nonché la masseria che successivamente sarebbe stata trasformata in palazzo dai principi Albertini (odierno palazzo Filo della Torre, in Piazza).

Nel 1644 la chiesa di S. Eligio fu dedicata ai Morti su iniziativa del notaio Francesco Luciani, di Carlo Gaetano, Domenico de Angelis, Cesare Vilotto e Giuseppe Papa. Allora la chiesa era molto più piccola dell’attuale edificio, dal momento che poteva ospitare appena 40 persone, sicché gli altri rimanevano sulla strada. Oltre alle funzioni religiose, la chiesa ospitava le riunioni degli eletti dell’Università di Cimitile (cioè l’Amministrazione comunale). Tra il 1751 e il 1754 nella chiesa si trasferì la confraternita di Maria SS. Addolorata che era stata fondata nella parrocchiale di S. Felice anteriormente all’8 agosto 1750. Qualche tempo prima, Nicola Ambrosino e Paolino Peluso, governatori dell’Università, si erano rivolti al re, Carlo III di Borbone, perché per la particolare devozione alla Vergine de’ Setti Dolori desideravano fondare una congregazione laicale; la supplica fu sottoscritta da 23 cimitilesi, in gran parte associati all’erigenda confraternita: Giuseppe Gesualdo, Giuseppe Panegrosso, Giacomo Cece, Giuseppe Barbato, Michele Gesualdo, Geronimo Guadagno, Agostino Mercogliano, Arcangelo de Luca, Nicola Cleffo, Antonio Cerillo, Antonio Peluso, Francesco Ardolino, Giuseppe Cerillo, Antonio Petrella, Antonio d’Avella, Bonaventura Guadagno, Francesco Santella, Matteo Santella, Camillo Gesualdo, Matteo Santella fu Michele, Felice Ambrosino, Michele Tanzillo e Baldassarre Pecciello. Dei 23 firmati della petizione solo sei sono registrati, in quanto possidenti, nel Catasto onciario del 1743, dal quale sappiamo che erano piccoli proprietari terrieri o commercianti ambulanti. A seguito della nuova destinazione, la chiesa venne ampliata nelle forme attuali e accolse i sedili per i confratelli e un nuovo altare marmoreo, mentre un articolato ciclo pittorico decorò le pareti e il soffitto; è possibile che la scelta dei temi trattati sia stata suggerita dal parroco di Cimitile, don Felice Rossi (1768-86), professore di teologia e membro della confraternita.

La chiesa, a navata unica, è situata lungo Corso Umberto I, sul quale prospettano la fiancata settentrionale e la facciata dell’atrio. Il portale, inquadrato da due lesene con capitelli corinzi e dal frontone, presenta una moderna immagine dell’Addolorata, dipinta su maioliche. Sull’atrio è impiantato il campanile ottocentesco con la cuspide rivestita da mattonelle smaltate; al secondo livello sono sistemate due campane bronzee, fuse rispettivamente nel 1828 e nel 1949. Al di sotto della finestra dell’atrio è murata un’epigrafe del 1758, attestante la concessione di indulgenze da parte di papa Benedetto XIV. La navata, illuminata da tre finestre per lato, termina con il presbiterio rialzato; sulla porta d’ingresso è posta la cantoria lignea che un tempo ospitava l’organo. Le pareti laterali sono caratterizzate da cornici di stucco, arricchite da palmette e motivi floreali. Un ampio cornicione modanato attraversa le pareti, separando i due registri di dipinti realizzati nella seconda metà del XVIII secolo. Il registro superiore mostra otto episodi dell’Antico Testamento: Noè entra nell’arca, Mosè divide le acque, Mosè fa sgorgare l’acqua dalla pietra, Davide recide la testa a Golia, Sacrificio di Isacco, Incontro di Eliezer con Rebecca, Incontro di Saul con Samuele, Giuditta e Oloferne. Il registro inferiore accoglie, invece, cinque immagini di santi: sulla parete destra si riconoscono S. Michele arcangelo e il transito di S. Giuseppe, mentre a sinistra: S. Antonio con Gesù bambino, l’arcangelo Raffaele con Tobiolo e S. Francesco di Sales. Alla fine del secolo scorso nel vano che ospitava il pulpito (parete destra) è stata collocata la statua di S. Francesco d’Assisi (già conservata nella basilica di S. Tommaso annessa al complesso basilicale). Quasi di fronte, sulla parete sinistra, è un bel crocifisso ligneo di probabile produzione seicentesca. L’altare in marmi commessi, opera della seconda metà del Settecento, ha un pregevole paliotto con la Vergine in rilievo e due candidi cherubini. Le statue dell’Addolorata e di S. Anna occupano le nicchie ai lati dell’altare, sormontato dalla tela raffigurante la Madonna con S. Eligio e le anime del purgatorio e da un ovale con l’effigie dell’Immacolata.

Testo di Carlo Ebanista